LA SOLITUDINE DELL'IMMAGINAZIONE di Michele Toniolo (Galaad Edizioni)
La
scoperta di questo piccolo libello di Michele Toniolo, La solitudine dell’immaginazione, Galaad edizioni, 2016, ha portato
una ventata di aria nuova (e buona) nel mio mondo intellettuale – e perché no,
spirituale. Si tratta di un’opera che punta lo sguardo sull’essere del verbum , della parola considerata come un’entità
a sé stante, capace di generare – dal nulla, anche solo venendo pronunciata – e
dotata di una valenza ieratica, potente: «La lingua sacra, nella quale ogni
cosa fu creata, è lingua che dà forza» (p.13), prelude l’autore nel suo
incipit. Una parola, dunque, che sembra fissare
le coordinate da seguire se si vuole arrivare a sfiorare il mistero della
Creazione, attraverso l’immaginabile e il significabile, cercando di
intravedere, seppur da lontano, un collegamento, un trait-d’union tra Dio e l’uomo, tra il divino e il transeunte. Seguendo
un cammino iniziato nella notte dei tempi, ovvero quello che ha portato l’uomo
ad allontanarsi dal divino, pur vivendolo quotidianamente, Toniolo scruta le
distanze, cercando un contatto tra l’umano e il sovra-umano, un punto nevralgico che solo la sacralità della
parola può rivelare: «Ogni uomo, dal vagito iniziale, è alla ricerca
inconsapevole di quelle parole» (p.14). E se, come scrive l’autore, «La
letteratura è il luogo d’incontro con la lingua dispersa» (p.14), egli
specifica che non si tratta solo di questo, ma anche di solitudine e di preghiera,
intese come volontà di ritiro e di intimità con Dio e con la Sua lingua. E cos’è
tutto ciò se non abbandonarsi? «La spoliazione dell’uomo, necessaria alla
preghiera, è il fondamento della scrittura letteraria» (p.15) afferma Toniolo,
ponendosi in una posizione intermedia tra la filosofia e la riflessione
intimistica. Ma l’importanza di questo percorso nella parola è fondamentale non
solo ai fini della scrittura; c’è un altro, primario elemento da considerare: l’uomo.
Questa creatura, fragile, spesso inopportuna, che però è stata amata d’un amore
incommensurabile: «Prima della parola scritta c’è l’uomo che va incontro a
quella parola» (p. 17). Ecco, attraverso la parola e la scrittura ci viene
offerta, in quanto umani, la possibilità del cambiamento, della metamorfosi e,
soprattutto, ci viene data l’occasione di poterci avvicinare a ciò che è
davvero imprescindibile per la nostra stessa esistenza: «La scrittura ci
conduce davanti a ciò che è decisivo, essenziale» (p. 22) e ancora: «La
scrittura deve far conoscere l’inconoscibile» (p. 23). Nel discorso dell’autore,
la scrittura acquista un potere sacrale, una capacità di unire “inferi, terra e
cielo”: «Scrivere è scendere nella terra, levare al cielo, abbracciare il
paesaggio più ampio» (p.32). E quale dono è più prezioso di questo?