SEMIOTICA DEL MALE di Flaminia Cruciani (Campanotto Editore)









Semiotica del male di Flaminia Cruciani (Campanotto Editore)







Assaggia i pani della fossa

non ti resta che questo

tutto il resto te l’ha negato il nome

che ti guadagni ogni giorno.

(p.45)









Esiste la possibilità di una Poesia intesa come ecatombe delle umane giustificazioni? Dopo aver letto Semiotica del male di Flaminia Cruciani, Campanotto Editore, 2016, la risposta non può che sembrarci affermativa. Fin dai primi versi di questo libro – che si rivelerà di una potenza straordinaria – l’autrice pugna con una sorta di meta-apparizione del male; ad un tempo, l’universale apoteosi di una volontà sovrumana e l’iperumana, tangibile materia antropica. Entrambe foriere di una condizione umana greve e misteriosa, di una realtà che spesso indossa la maschera di una stolida bellezza, nascondendo l’inafferrabile spettro del male: «L’umanità sprofonda sotto / il peso della sua sentenza spirituale / nelle ferite inferte dalla menzogna [...]» (p.17). «The evil that men do lives after them» profetizzava Antonio nel Giulio Cesare di Shakespeare, a ricordare che questa energia entropica, primitiva, si muove seguendo un corso differente rispetto al tempo dell’uomo, superando, in sostanza e attributo, il Cronos, l’ordine; così la poetessa: «Momento, azione, siamo / in abisso, in sordina / schianto atemporale hai / attraversato il mio tuono [...]» (p.23). La Cruciani, come ha sottolineato Tomaso Kemeny nella prefazione, «non petrarcheggia (...) sul male» ma lo guarda in faccia, esponendosi alla sua azione tentacolare, arrischiando una battaglia che all’orizzonte non vede né vincitori né vinti. Eppure è una battaglia poeticamente necessaria, che sfida, come ha voluto Celan, il monito/divieto di Adorno («Dopo Auschwitz, nessuna poesia, nessuna forma d’arte, nessuna affermazione creatrice è più possibile», Dialettica negativa), che proprio all’infinitezza e alla perfezione, in negativo, che il male aveva raggiunto nel XX secolo attribuiva un’impossibilità di confronto lirico con questa dimensione immanentemente umana. In tal senso, i versi della poetessa appaiono come innumerevoli protasi/frecce disseminate contro un potere assurto a misticismo rovesciato: «Leccherò l’oscurità / fino a esaurirla». (p. 23). Sembrerebbe quasi un presagio benevolo per un’umanità toccata spesso dalla banalità del male (come ci ha ricordato Hannah Arendt nel suo capolavoro sulla “questione Eichmann”). In un clima di frenesia lirica, ricco di ritorni tematici e di figurazioni multiple, Flaminia Cruciani disintegra qualsivoglia possibilità di nascondersi, concretizzando, attraverso l’atto della scrittura, la mitica tensione della lotta: «Mi serve il male, / mi serve per capire». (p. 27). Ma cos’è il male ipotizzato dall’autrice? Il male, diceva Agostino, non ha una consistenza ontologica, in quanto altro non è che mancanza di bene. Eppure, questa dimensione prende forma e si nutre dell’umano, vivendo una vita propria, sconvolgendo le esistenze; che sia metafisico o morale, il male non può essere stigmatizzato con facilità, e sono proprio i versi di questo libro a ricordarcelo: «A chi giova tanta mortificazione / un suicidio distillato in giorni / coricarsi sotto la croce?» (p. 45). Il male come cosmica volontà caotica e come personale normalità, perennemente in movimento tra l’inarrivabile dimensione universale e l’intima quotidianità, dove appare in tutta la sua potenza devastante: «Mi restano nel soppalco i tuoi diari / che non posso leggere / scritti con la calligrafia rotonda / e il male di frontiera / dei ricordi di noi ovunque. / La verità è che non riesco a scrivere di te [...]» (p.65).

Un male pluridimensionale, dunque, che, al di là delle possibili definizioni – commissione, privazione, assenza, presenza, volontà, incompletezza, ecc. – è qualcosa con cui l’uomo deve confrontarsi: è la tangibilità stessa del male a richiederlo. Volens nolens, l’uomo non può esimersi dal rapportarsi a esso: «Quel male era necessario allora / a comprendere, a rivelare / il mondo, a difendersi». (p. 26).

In conclusione: il lettore, dopo essere entrato in profondità nei versi della Cruciani, si chiede chi o cosa rimanga oltre le macerie di questa eroica lotta poetica. Ebbene, a nostro avviso, rimane l’uomo, (nudo, spogliato di tutte le sue sovrastrutture) nonostante il male e nonostante la moltitudine infinita dei “se stessi” che ogni giorno nutre questa dimensione. E non è poco. 



Flaminia Cruciani

Nata a Roma nel 1971, si ė laureata in Archeologia e storia dell'arte del Vicino Oriente antico, presso Sapienza Università di Roma sotto la guida del Prof. Matthiae. Ha poi conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Archeologia Orientale nella stessa università per poi perfezionare i suoi studi con un Master di II livello in “Architettura per l'Archeologia - Archeologia per l'Architettura” per la valorizzazione del patrimonio culturale. Per lunghi anni ha partecipato alle annuali campagne di scavo in Siria, in qualità di membro della "Missione archeologica italiana a Ebla". Ha poi conseguito una seconda laurea in “Storia dell’arte”. Presso la stessa università tiene annualmente corsi sul rapporto tra l'iconografia e il testo nella tradizione mesopotamica. Si è specializzata inoltre in Discipline Analogiche, attraverso lo studio dell’Ipnosi Dinamica, della Comunicazione Analogica non Verbale e della Filosofia Analogica, conseguendo il titolo di Analogista, una professione di aiuto per la lettura e la decodifica delle dinamiche emozionali profonde. Da diversi anni è operatore certificato di Psych-K. Ha inoltre inventato il “Noli me tangere®”, uno strumento fondato sul potere evocativo delle immagini in grado di favorire il processo di individuazione della persona. Nel 2008 ha pubblicato Sorso di Notte Potabile, ed. LietoColle. Del 2008 è Dentro, Edizioni Pulcinoelefante. Nel 2013 ha pubblicato Frammenti, Edizioni Pulcinoelefante. Nel 2015 ha pubblicato Lapidarium, ed. Puntoacapo, con la prefazione di Tomaso Kemeny. Di prossima pubblicazione, per i tipi di Campanotto Editore, è “Semiotica del male”. Suoi testi letterari sono presenti in numerose antologie, fra cui la recente 42 voci per la pace, ed. Nomos. È stata selezionata fra i giovani poeti italiani contemporanei per il Bombardeo de Poemas sobre Milán, opera del collettivo cileno Casagrande. Ha aderito al movimento mitomodernista, è tra i fondatori e gli ideatori del Grand Tour Poetico e della Freccia della Poesia.








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