OLTREVERSO, il latte sulla porta, di Doris Emilia Bragagnini (Zona)
Care amiche, cari amici, per le recensioni di Linea Carsica, vi proponiamo questa intensa silloge di Doris Emilia Bragagnini.
Buona Lettura
Fin
dall’emblematico e misterioso titolo – Oltreverso,
il latte sulla porta – questa silloge apre le porte a un viaggio
nell’Oltre, inteso come dimensione plurima e colma di occasioni poetiche.
D’altronde l’andare oltre, lo spingersi al di là del quotidiano (pur non
rinnegandolo), tentando i voli d’Icaro e quelli di Pindaro, non è forse materia
per poeti? Non deve allora meravigliare che la poesia tocchi vette elevate, là
dove osano le aquile, avrebbe detto qualcuno: «Nel nido più alto», suggerisce
l’autrice di questa pregevolissima raccolta nella lirica d’apertura. Poi,
immediatamente dopo, una chiave di lettura forse, o una sorta di manifesto che
appare come la più spassionata dedica al poeta: « […] parole da incartare e tendere / col succo del poeta / che cola in
pozze languide / per essere raccolto […]» (Poeta,
p. 24). Le parole: cos’altro se non le parole? È con le parole che si tessono
le trame della poesia, è con le parole che il poeta incanta chi ha la ventura
d’imbattersi nei suoi versi. Allora tutto, anche il fiele, può essere dolce, se
filtrato attraverso la soavità del sentire lirico: «Com’è dolce questo fiele /
gronda sensi e mani strette / segni ai palmi di un resistere / che assale,
stringe il petto […]» (Dolce fiele,
p. 28). Andando avanti con la lettura, ci si accorge di quanto sia piacevole perdersi
in quelli che appaiono ossimori di senso; luoghi suggestivi, dove un sentimento
tenace come il resistere – quasi una passione battagliera che richiama immagini
forti di sudore e lacrime – si intreccia perfettamente con la dolcezza del
verseggiare. La Bragagnini lavora di fino, riuscendo a costruire liriche duali
e liquidamente complesse – pur nell’immediatezza emotiva che mai appesantisce
il fluire del corso poetico – dove l’eterna dicotomia Eros/Thanatos trova la
sua piena realizzazione; dolcezza e antagonismo elegiaco sono racchiusi dunque
nei medesimi passaggi: tutto ciò giova alla vena compositiva ed espressiva della poetessa, donando all’intera opera quel
sentimento di tensione e di non appagamento tipico del vero sentire.
Alcuni
frangenti sono talmente evocativi da riuscire a toccare molte corde intime; è
questo uno dei motivi per cui mi concedo di riportare interamente la luminosa
lirica Marea (p.31): «E se piovono
stelle liquide / tra ciglia affrante / non un riparo basta agli occhi / per
implorare d’essere respinta // È sale sparso / che mi versi coi tuoi sì /
ferite aperte a rimarginare il cuore / e bastioni di corallo / dentro un mare
di velluto nero // - i miei pensieri - sono vele
/ dove precipita la notte e / sprofondo alla marea / di un amore che devasta».
Difficile rimanere
indifferenti davanti a tanta forza evocativa, difficile non sentirsi rapiti dalla
bellezza di questi versi e dall’onestà intellettuale di certi “canti di parole”.
Se una delle tante chiavi di lettura del verso, se uno dei tanti modi d’intendere
la poesia è porre l’accento sul connubio tensione/emozione, questa silloge
della Bragagnini saprà toccare mente e cuore di chi leggerà, magari riparato nel
silenzio d’una stanza in penombra, o cullato dallo sciabordio del mare. Allora potremo
dire con l’autrice: «voglio essere quell’attimo / in cui dico - sono il rosso - / in fondo al cerchio […]»
(In fondo al cerchio, p. 60).