IO TI HO GIÀ VISTO NELLE MIE PAROLE di Smeralda Fagnani (Rupe Mutevole)
Care amiche, cari amici, per le recensioni di Linea Carsica vi proponiamo questa elegante raccolta poetica. Buona lettura.
«[…]Tu (non
conosci) / la bellezza / del Caos, / quell’antico / disordine che amo» (Cartapesta, p. 17). Basterebbero forse queste
parole, che non a caso compaiono in quarta di copertina, quasi a comporsi in
una sorta di manifesto poetico dell’autrice, a donare al lettore il senso di
questa raccolta di versi, Io ti ho già
visto nelle mie parole di Smeralda Fagnani, Rupe Mutevole, 2014. Si tratta
di una silloge ad un tempo raffinata e passionale, dove l’eleganza del verso si
sposa con un’anima calda e autentica: «Ormai è una certezza, / il tuo
abbracciarmi denso. / Raccolgo semi di papavero per ogni giorno, / mentre non
recepisco alcuna voce che possa separarci. / L’amore è, forse, / l’unico mondo
che non si smarrisce» (Ogni giorno,
p. 47). L’amore, dunque, il sentimento eterno, che nonostante tutto e malgrado
tutto vive nel cuore e nella mente di chi si perde nel poetare. E poi vengono i
gesti, reali – ché non è vero che la poesia è solo l’etereo ineffabile del
sogno – come l’abbraccio, che ritorna, forse, come atto di vicinanza all’altro:
«Sì / ti abbraccerò, / nell’istante / sorprendente / di una lacrima […] (Lacrima, p. 54). Ma il reale, il
tangibile, nelle liriche della Fagnani, è presente non solo nei gesti, lo si
trova anche nella fisicità, che l’autrice ci restituisce, simultaneamente, con forza
e dolcezza: «Io amo / le tue mani, / profumano / di sogni, / mentre / raccogli
/ i miei capelli». (Mani, p. 47). Morbida
e dura, reale e sognante, la poesia della Fagnani percorre vie doppie, in
maniera vitale e coraggiosa, e sembra andare in direzione obliqua, trasversalmente
poetica, cercando di raggiungere una terra dove la libertà ha l’alto costo
delle cose instabili: «Adoro / l’imperfezione, / caotico / espediente. / che
stravolge / l’intrigo di / stralunati / eccessi, / dove / mi perdo / sicura /
nel diluvio / di ogni senso.» (Diluvio,
p. 58). Le liriche dell’autrice, sincopate, frammentate dai frequenti accapo,
trasmettono un senso di piacevole inquietudine, quel poetico andare in lande
pericolose e, per il poeta, allo stesso tempo tranquillizzanti, perché l’animo lirico
osa, non ha timore di trovarsi nudo davanti all’altro, anzi, si scopre sapendo
di offrire al lettore la parte più intima di sé, quella che spesso si ha paura
di mostrare perfino a se stessi. Allora le parole della Fagnani «[…] io sono /
una donna / quella donna, / che in ogni / tetra notte, / sa ancora / immaginare
/ quell’amore / che non c’è.» (Quella
donna, p. 65) appaiono quasi profetiche, come a dire che l’amore c’è anche
se può sembrare lontano, inavvicinabile, quasi impossibile. L’amore c’è: lo
dimostra la poesia. Da esso non si può fuggire.