Roberta Pilar Jarussi su "Confessioni di un editore di merda" di Luigi Tarantino (Musicaos)
Solo testimoni
Recensione ai due racconti inediti di Luigi Tarantino.
Confessioni di un editore di merda di Luigi Tarantino, scrittore salentino e studioso
delle tradizioni popolari della sua terra, è il nono ebook che Musicaos pubblica,
e include due racconti.
Due
racconti molto diversi. Atmosfere, ambientazioni e protagonisti assai differenti
tra loro, tanto che ognuna delle due storie meriterebbe un pezzo a sé.
Il
primo racconto è la ‘confessione’ in presa diretta di un editore comune,
quotidianamente a contatto con scrittorucoli che gli propinano di tutto. È la
descrizione, dall’interno, di un mondo di ‘merda’, mi verrebbe da dire, da
qualsiasi parte lo si voglia considerare, di una giungla popolata da editori
commercianti che ‘pesano’ un manoscritto in numero di pagine, e te lo
pubblicano persino se sei disposto a pagare, fosse pure un lavoro ‘di merda’, e
da scrittori improvvisati, adolescenti, pensionati, donne sole, pseudo intellettuali
frustrati, ex liberi professionisti, neo ‘lettori’ che dopo aver sfogliato un
libro o due scoprono che scrivere è più arrapante che leggere, gente qualsiasi insomma
che, in preda a raptus compulsivi da urgenza scrittoria, perde il senso delle
cose.
Pubblicare
un libro allora diventa una medaglietta da appuntarsi in petto, un gesto eroico
senza sudore da ostentare al mondo, come la figa irraggiungibile che ti sei
portato a letto quella volta, sì, poi sei andato in giro a raccontarlo a tutti con
ancora l’arnese in subbuglio nelle mutande, prima ancora di capire se ce l’avevi
duro o s’era stato un fiasco colossale. Tanto nessuno c’era. Forse neanche lei,
la figa.
Ecco.
Scrivere è diventata una roba così, alle volte. L’oggetto libro c’è sempre più
spesso. La scrittura, dentro, sempre meno.
In
questo quadro ‘di merda’ è davvero difficile provare antipatia per questo editore
bastardo, cinico, disincantato, ma anche malinconico. Solo. Disperato, dentro
un sistema di cose che va come deve andare, e lui ne è parte.
Il
racconto dà un quadro preciso di quel che è (anche e non solo, per fortuna) la
realtà editoriale oggi, e il mondo della scrittura tutto. Strappa sorrisi e
riflessioni intelligenti e, con il garbo raggelante che caratterizza la
scrittura di Tarantino, ti fa sentire un po’ ‘di merda’ pure a te, che tu sia
scribacchino, poeta della domenica, lettore. O un editore qualsiasi…
Nell’altro
racconto, Te l’ha detto Emma?, Luigi
Tarantino cambia registro tanto da spiazzare, scivola in un passato denso di
segreti e di umori ambigui. Al chiuso di una casa, con le imposte accostate, la
penombra e il caldo torrido e estraniante del sud fuori dai quei muri spessi.
Nella
casa, un uomo anziano, Don Rafeli - solenne sin dal nome, noto a tutti in
paese, e adesso impotente, molto stanco o molto malato, immoto dentro a un
letto, fermo come il suo respiro, tanto che pare morto - e sua moglie,
Emma, una donna autoritaria, dura, dai modi ruvidi, che decide tutto quello che
si deve o non si deve fare là dentro.
La
storia è raccontata attraverso gli occhi di un ragazzino che assorbe, come un
testimone inconsapevole, l’atmosfera claustrofobica e le dinamiche surreali tra
quest’uomo semi morto e la sua donna-capo.
Sembra
di stare davvero ‘dentro’ la casa, tra le stanze e la scala, di respirare
quegli spazi immensi, il quasi buio della camera da letto, di andare in debito
d’aria, con tanto di cielo accecante là fuori.
Il
punto di vista della narrazione è spostato verso il basso, se fosse una ripresa
cinematografica, la camera sarebbe piazzata all’altezza dello sguardo del ragazzo,
le riprese sarebbero lente ma brevi, spezzate, e tornerebbero più spesso su uno
stesso dettaglio, e la realtà apparirebbe alterata, familiare ma inquietante. Se
fosse un film, sarebbe girato quasi tutto in interni, con degli squarci di luce
mozzafiato, che ripagherebbero da tanta clausura.
A
tratti, in questo racconto, si respirano certe atmosfere roventi, desolate e
ferme alla Ben Jelloun, o alla Cotzee, dove il paese, la terra
arsa, l’afa e il colore del cielo corrispondono esattamente alla solitudine,
alla ferita e alla forza delle persone che le popolano.
In
entrambi le storie, il tempo è sospeso, quasi non succede niente.
I personaggi
che Tarantino inventa, osservano, vivono, e sanno guardarsi dentro. Raccontano
quel che succede, ed è attraverso il loro sentire intimo, che il lettore ha
percezione del mondo fuori. La lingua è pulita, senza mai un aggettivo di
troppo, e un geniale filo d’ironia si fonde a una punta di struggimento che
quasi non riusciamo a spiegarci. Come se certe storie non avessero un perché o
chiusure nette. Ma solo testimoni.
Come ha scritto di lui Luciano
Pagano, editore e anima di Musicaos: “Luigi Tarantino è uno
scrittore ‘meridiano’, e ha la lingua dei ‘sud’ del mondo, Salento compreso.”
roberta
pilar jarussi
Link al blog di Roberta Pilar Jarussi: http://robertajarussi.blogspot.it/2013/03/solo-testimoni.html
Musicaos: www.musicaos.it