Il finto intellettuale



Come un finto intellettuale può assicurarsi un posto al sole nell’ambita spiaggia dell’intellighenzia salentina e breve dissertazione sul tipo umano.


Il finto intellettuale innanzitutto dev’essere di bell’aspetto. Non in senso oggettivo, chiaro. Non c’è bisogno d’essere bellocci. Basta avere il tocco dell’artista: capelli arruffati (meglio se tendenti al riccio), barba incolta (o, se rasa, da “abbinare” a qualche foularino), abiti fintamente trasandati, scarpe volutamente sporche, qualche libro a portata di mano. Però, se poi uno è pure bono, ben venga, no? Ah, dimenticavo: tracolla, block-notes (o l’immancabile moleskine), penne in quantità. Poi deve possedere una buona parlantina/dialettica, tale da impressionare, con la sua sapienza, chi ha davanti o, viceversa, fare il misterioso e parlare pochissimo, così da creare un alone di mistero intorno a sé. Un qualcosa di talmente imperscrutabile per cui di lui si possa dire: chissà com’è; chissà che segreti nasconde; chissà com’è avventurosa la sua vita. Chissà se ha un cervello! (ops, perdonate, quest’ultima è nostra!). Il finto intellettuale, desideroso di un posto al sole, non di rado è lecchino rispetto a chi occupa posti già assolati nelle gerarchie di potere della cultura, sarebbe a dire professori universitari, giornalisti, scrittori, poeti, pittori, scultori, saggisti, operatori culturali, cineasti, registi teatrali, attori.  Purché già arrivati. Oppure, molto più ingegnosamente, può fingere indifferenza verso questi soggetti (così da apparire in controtendenza rispetto a non sa nemmeno lui cosa), salvo poi aspirare – nel segreto della sua cameretta – a quelle vette (sigh!). Il finto intellettuale non di rado possiede soldi in quantità, o comunque in quantità tale da permettersi “luoghi-mostra” inaccessibili alle tasche dei più. Questo crea un circolo vizioso per cui chi possiede denaro è molto avvantaggiato nell’accedere a determinati luoghi – fisici e non – che consentono una pubblicizzazione delle opere, al di là della qualità delle stesse (sigh sigh!). Il finto intellettuale non di rado si appoggia ad un nugolo di sostenitori più o meno interessati. Amici e amiche, parenti, fidanzate e fidanzati, intere comitive. Questi soggetti “B” sostengono il soggetto “A” non perché credono nella validità dell’opera (che il più delle volte non conoscono neanche), ma semplicemente perché tifano per lui (nel migliore dei casi; nel peggiore, sperano di trarne un qualche vantaggio). Il finto intellettuale eviterà come la morte l’incontro-discussione o scontro-dibattito con chi è più intellettuale di lui (aggiungeremmo: un vero scontro tra titani!!). Il finto intellettuale non presenzia alle presentazioni di libri, readings, mostre, performances, eventi culturali, di o per altri autori. Questo per non dare prestigio, con la sua presenza (?!), all’iniziativa del “collega”: praticamente un genio! Il finto intellettuale frequenta posti cool e non trash. Ovviamente, il metodo di valutazione è suo e solo suo. Di conseguenza, siamo costretti a fare un breve elenco di tali luoghi. Sono considerati cool: lounge bar, librerie leccesi (o comunque cittadine, o, se di altri paesi, che siano almeno in vista per qualche ragione); grandi gallerie (anche queste per lo più leccesi); pubs considerati trendy o all’avanguardia (non è dato sapere chi li considera tali e perché); teatri leccesi o altri teatri abbondantemente frequentati; sedi di associazioni (leccesi o rinomate per qualche ragione). Le suddette sedi di associazioni, meglio se situate all’interno di palazzi storici, castelli ecc. E, comunque, l’arredamento deve essere “in” (e quindi nuovo e splendente) o falsamente rovinato. Sono considerati trash: case private che ospitano eventi culturali (a meno che non siano di proprietà di personalità di spicco, defunte o in vita); librerie di paesini (che nessuno si fila! O meglio, che i finti intellettuali non si filano!); bar di paesini (ritenuti l’emblema del luogo da evitare); piccole gallerie di paesini (giudicate non all’altezza [sigh elevato alla decima!] di quelle cittadine, e quindi sfigate). L’elenco potrebbe continuare, ma crediamo sia chiaro a tutti il punto della questione. Il finto intellettuale, quindi, affollerà i luoghi già affollati ed eviterà i luoghi evitati. Perché se le cose vanno così, un motivo ci sarà. E chi è lui per opporsi a questo stato di cose? Il finto intellettuale si cimenterà in proteste urlate e in cortei. Farà il comunista ad oltranza anche se non conosce nulla di comunismo. Fumerà se sarà il caso, e berrà pure. Senza mai perdere di vista la cosa principale: il sesso! Il finto intellettuale (soprattutto quello in erba) necessiterà di affidarsi anima e corpo ad un guru-maestro-santone che lo inizi ai piaceri della cultura. Questo, ovviamente, non potrà che fare la gioia di alcuni ruderi che non aspettano altro che carne fresca da divorare voracemente. Il finto intellettuale non offrirà il suo sostegno ad una realtà sconosciuta. La taccerà di sfiga e continuerà a seguire la corrente maggioritaria. In fin dei conti, è lì che abitano soldi, successo, fama. In ultima analisi, le sue vere aspirazioni. Il finto intellettuale, messo davanti a quest'ultimo punto, si difenderà tirando in ballo la storia della volpe e dell'uva; dirà che anche noi vorremmo arrivare ai posti del potere, ma non avendone la capacità o fortuna o occasione, diamo contro: l’idea che qualcuno possa pensarla in un altro modo non lo sfiora nemmeno di striscio. Non di rado, dunque, farà a meno di arrischiarsi in avventure incerte, come investimenti di tempo e denaro in attività culturali che potrebbero – almeno nell’immediato – non rendergli un centesimo. Il finto intellettuale scanserà come la morte gli sfigati (ovvero quelli giudicati tali da lui), contravvenendo a due principi morali (e per favore, abbiamo chiamato in ballo la morale, non il moralismo!) irrinunciabili per essere onesti intellettualmente: il primo è il principio di solidarietà umana, il secondo è l’astensione dal giudizio. Il finto intellettuale giudicherà dall’apparenza. Quindi, se uno indossa felpa col cappuccio, jeans larghi e scalati e scarpe da ginnastica, suonerà in una band crossover o canterà in un gruppo hip hop, ma sicuramente non scriverà. Infine, last but not least, il finto intellettuale reputerà opportuno tirarsela, rispettando una tradizione ormai annosa qui nel Salento che vuole l'esistenza di questo paradigma: quanto più uno se la tira più dev’essere cazzuto. Di contro, se uno non se la tira sarà uno sfigato da cui è meglio tenersi alla larga.

Articolo pubblicato sul numero di domenica 20 gennaio 2013 del quotidiano "Il Paese Nuovo".

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