Tenebra




Più buio della notte di tenebra c’è solo l’impasto metodico del tuo savoir-faire impiccato a un albero floscio. Tu non parli mai in faccia, hai paura del pensiero della gente, scuoti il capo al rintocco delle ore, mungi vacche troppo larghe troppo scrofe. Poi, immobile, ti doni all’infinito e non pensi che ad essere splendente. Ma lo specchio è tuo nemico, ti tradisce, e ti mena come il can per l’aia. Suggi allora succo di Aspromonte e ricalchi tracce ormai perdute chissà dove, ma ti convinci sempre più che il tuo altrove sia una fossa di leoni pronti al morso. Ludovico è spento come un cero, vivo però ancora, spero. Solo nascosto tra le ombre all’imbrunire, perché scotta il sole a giugno e non perdona. Cieli fucsia di iperboli gioviali scorrono nel mentre s’avanza la penuria dell’umano sempre umano che sott’acqua sputa bolle di sapone metafisico.





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